Nel Comune di Carovigno, nell’omonima località, si erge Torre Santa Sabina ad un passo dal mare.
Torre Santa Sabina caratterizza l’omonima località balneare che col tempo si è sviluppata intorno. Essa comunicava visivamente a sud con Torre Guaceto e a nord con Torre Pozzelle.
La Storia
Torre Santa Sabina fu edificata, con ogni probabilità, tra la fine del XV e l’inizio del XVI Secolo, come torre di controllo del porticciolo, dai feudatari di Carovigno. Nella seconda metà del Cinquecento venne poi acquisita dalla Regia Corte secondo le volontà del viceré don Perafan de Ribera, quando anche le torri preesistenti furono inserite nel progetto unitario delle torri costiere di Terra d’Otranto.
Giovanni Cosi (1989) riporta il seguente documenti riguardo Torre Santa Sabina:
“Donato Antonio Natali di Galatone caporale della torre Sabina (S. Sabina) nella marina di Carovigno, il 18 maggio 1619 costituisce suo procuratore, presso il notaio Giovanni Domenico Tarentino di Putignano e residente in Carovigno, il conterraneo Sebastiano Mega il quale il 21 ottobre 1619, con atto del notaio Sabatino de Magistris di Galatone, restituisce 20 ducati a Nicola Talà a cui il caporale aveva venduto, con riserva, un giardino che era in comune coi suoi fratelli .
Nella seconda metà dell’Ottocento, scampato il pericolo dal mare, la torre che aveva anche ospitato un ufficio della Regia Dogana, fu abbandonata. Ritornò in mani private nel 1915, quando fu acquistata dalla famiglia Dentice di Frasso che la ristrutturò e la vendette in seguito ad altri privati.
La Struttura
Torre Santa Sabina è una torre ottagonale dalla particolare forma a “cappello da prete” riproducente, in pianta, una stella a quattro punte. Il corpo è a scarpa fino al coronamento merlato, probabilmente rifatto in epoche recenti. Ogni lato del coronamento è connotato da cinque grandi beccatelli ogivali, sovrastati da merli con feritoie.
Nel Comune di Carovigno, all’interno dell’omonima Riserva naturale statale, si erge Torre Guaceto, a circa 30 metri di distanza dal mare e all’altitudine di 6 metri.
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La torre è la più grande della sua tipologia in Terra d’Otranto. Comunicava visivamente con Torre Testa a sud, con Torre Santa Sabina a nord e con Torre Regina Giovanna nell’entroterra. La torre è inserita all’interno di uno dei più splendidi contesti naturali dell’intera Puglia. La Riserva naturale statale di Torre Guaceto è un’area marina protetta che si impegna a conservare l’ecosistema naturale e la biodiversità del territorio. La Riserva Naturale è anche rinomata per il Centro Recupero Tartarughe Marine intitolato a Luigi Cantoro, storico attivista brindisino del WWF che si è impegnato nella difesa di questo luogo.
La Storia
La denominazione Guaceto deriva dall’arabo “Gawsit” (acqua dolce), infatti, la torre sorge nei pressi di un fiumiciattolo di piccole dimensioni, di acqua sorgiva, tuttora esistente, che attraversa l’intera zona umida fino ad inoltrarsi nell’entroterra. La veridicità dell’origine araba del nome è confermata anche dal fatto che una delle prime testimonianze topografiche della zona risalgono ad una mappa araba del XIII secolo, dove la zona viene indicata come “Gaucito”. La zona infatti conobbe anche una breve occupazione araba (il cosiddetto Emirato di Bari tra l’847 e l’871) prima della riconquista bizantina.
La costruzione di una torre in questo luogo era fondamentale per via delle insenature comode all’attracco di imbarcazioni e della presenza di acqua dolce. Nel 1531 il Marchese Ferdinando d’Alarçon, già incaricato della nuova costruzione del sistema difensivo della città di Brindisi, innalzò una torre su una più antica preesistente che nel 1563 venne completata dal maestro muratore brindisino Giovanni Lombardo.
A tale proposito, Giovanni Cosi nella sua importante opera del 1989 riporta i seguenti documenti:
“Il maestro Giovanni Lombardo di Brindisi, in virtù di lettere del 9 settembre 1567 spedite dalla R. Camera (In litterarum Curie 40 N. 207) e di mandato spedito il 27 dello stesso mese dal Governatore, il marchese di Capurso, il 3 ottobre riceve dal Percettore provinciale 100 ducati a bon conto per la costruzione della torre detta di Guascito, nella marina di Brindisi.”
Nel periodo successivo alle scorribande saracene, lo scalo ritrovò un’effimera ripresa dei traffici mercantili nel XVIII secolo perché frequentato da Veneziani e poi dagli Spagnoli. Il quadro mutò radicalmente e definitivamente nel XIX secolo, anche in concomitanza dell’abbandono della Via Appia, per la nuova via consolare borbonica che collegava Brindisi a Monopoli, attraverso Carovigno, Ostuni e Fasano. Fu allora che Guaceto divenne un porto deserto, piccolo e mal sicuro, adatto solo ai contrabbandieri.
Alla fine del 1800, fu poi Ernesto Dentice di Frasso, proprietario della zona, a modificare definitivamente la località con la costruzione di un grande canale di bonifica e con la messa a coltura di circa cento ettari di macchia mediterranea e trenta ettari di palude, con l’asportazione di sabbia che serviva al costruendo porto di Brindisi: l’area umida veniva quindi definita nei limiti attuali. Nel XX secolo è stato edificato uno stabile addossato alle mura che ha in parte alterato l’intera struttura (Brindisi Web).
A partire dal 2008, la torre ha subito alcuni interventi di restauro. Attualmente è sede di un osservatorio presidiato dal W.W.F.
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La Struttura
Torre Guaceto è la più grande delle torri tipiche del Regno in Terra d’Otranto. Ha pianta 16 x 16 metri all’esterno e 9,50 x 9,50 metri all’interno. Le pareti sono a scarpa all’esterno e verticali all’interno. La torre è munita di archibugiere e di larghe caditoie, tre sul prospetto mare, due sulle pareti laterali ed una sul prospetto interno.
Un tempo al piano terra vi era la cisterna mentre al primo piano vi era il vano agibile. Si accedeva tramite ponte levatoio o scala removibile da quella che è oggi la finestra. Oggi l’ingresso è al piano terra, tramite la più recente costruzione affiancata alla struttura originaria.