Nel Comune di Castro, nella località di Castro Marina, si erge Torre Diso a 145 metri dal mare e a un’altitudine di circa 40 metri. Il rudere è quasi interamente crollato e in proprietà privata.

Torre Diso comunicava visivamente con Torre Capo Lupo a sud e con le fortificazioni di Castro a nord. Il rudere si trova in un bellissimo contesto, anche se ormai fortemente urbanizzato, tanto da “nascondersi” per via della folta vegetazione e delle abitazioni annesse ad esso. Per questo motivo, Torre Diso sfugge anche ad alcune pubblicazioni, trascorrendo un periodo di dimenticanza ed abbandono. É presente in gran parte della cartografia antica ma in pochi documenti.
La Storia
Nella cartografia antica, Torre Diso subisce alcune variazioni di nome: “Torre della Casa”, “Torre della Cala” o “della Cala del Cubo”, dunque “Torre de Diso”. Nelle antiche pubblicazioni del XVII secolo, Scipione Mazzella (1601) ed Enrico Bacco Alemanno (1629) la indicano col nome di “Torre della Casa del Rio”.
Nel 1537 e nel 1573, la Città di Castro, al tempo Contea e Diocesi, fu assediata, brutalmente saccheggiata e distrutta, in entrambe le occasioni, dalle armate turche. Da quel momento in poi, passarono secoli prima che Castro potesse riprendersi. “I pochi abitanti superstiti vissero tra le rovine delle antiche fortezze, nel ricordo soltanto della passata grandezza” (Boccadamo).
A conferma della gravità del momento storico, il Regno di Napoli decise di aumentare il numero delle torri costiere presenti sul territorio. Queste nuove torri, cosiddette tipiche del Regno, furono costruite prevalentemente nel decennio 1565-1575, in seguito all’Orden General di Parafan De Ribera. Torre Diso era una di queste.
In un documento del 1580, riportato dal Cosi (1989) e dal De Salve (2016), risulta che, “il maestro Cesare Schero di Lecce, il 2 giugno 1580 rilascia procura al figlio Pietro Angelo per riscuotere presso la generale Tesoreria di questo Regno, quanto gli è dovuto per le fabbriche da lui eseguite nella città di Otranto ed in altri luoghi e segnatamente nella torre sita nel territorio di Diso”.
Il Cosi (1989) e Boccadamo (1994) riportano un ulteriore documento che narra una peculiare vicenda. “Lo Spagnolo Gregorio Martines, nominato caporale della Torre di Diso alias della Cala del Cubo con lettera del 25 agosto 1581 dell’allora Viceré Iuan de Zuniga, il 16 agosto 1586 rinuncia al caporalato a favore del connazionale Francesco Rois. Il motivo delle dimissioni proviene dall’odio e malevolenza di alcune persone che, istigate da animo diabolico, gli spararono un colpo di archibugio mentre andava a ritirare il suo stipendio nel Casale di Sanarica e poco mancò che non venisse ucciso; e, permanendo in codesto esercizio nel quale ha contratto capitali inimicizie, rischia la vita.”
Vittorio Faglia (1975) nel suo grande censimento delle torri costiere di Terra d’Otranto, cita l’esistenza di un documento risalente al 1777, secondo il quale la torre fosse custodita da un torriere interino che chiedeva un risarcimento. Questo presuppone che la torre svolgesse ancora la sua funzione sul finire del XVIII Secolo. Le notizie successive riguardo Torre Diso appaiono spesso confuse. La torre viene prima riportata distrutta all’inizio del XIX Secolo dalle truppe navali inglesi durante il periodo del Blocco Continentale napoleonico; viene poi censita in buone condizioni nel 1825 (lo confermano il Faglia e De Salve). Ne fece una ricognizione il Faglia nel suo censimento del 1975, ma negli anni ’80 il Cosi non fu in grado di individuarla e con il passare degli anni passò inosservata anche in successive pubblicazioni come quella di Ferrara del 2009.
La torre è quasi interamente crollata. Secondo il Faglia fu danneggiata verosimilmente dagli uomini (per le navi inglesi essa era abbastanza fuori tiro). Non si sa per certo cosa abbia causato tale deterioramento. In quale percentuale lo sfacelo sia dovuto all’incompetenza del progettista, alla disonestà dell’appaltatore (fenomeno esistente anche allora ed ampiamente provato per più di una costruzione) o al vandalismo e all’incuria dei posteri, è molto difficile determinarlo.
Nel 2020, ci sono stati degli sforzi da parte di alcuni cittadini, affinché l’amministrazione comunale si prendesse carico del rudere, in ottica di una possibile riqualifica. Potrebbero infatti esserci presto nuovi risvolti.
Nella prima fotografia del 1976: la torre vista dalla strada con il lato monte scomparso in primo piano, rimpiazzato da un muretto a secco; apprezzabile il lato mare che si presentava all’epoca molto più alto ma crollò negli anni ’90.



La Struttura
Torre Diso appartiene alla tipologia di torri tipiche del Regno, a base quadrata e corpo scarpato. Non si è in grado di ipotizzare se la torre avesse avuto tre caditoie per lato o nessuna caditoia, come la vicina Torre del Sasso. Questa tipologia di torri, come detto, risale al periodo dell’Orden General di Perafan de Ribera (1563). La sua struttura è ben distinguibile dalle poche fotografie risalenti alla seconda metà del ‘900. L’attuale rudere risulta ancor di più deteriorato soprattutto nel suo lato-mare che fino agli anni ‘90 poteva contare diversi metri di altezza in più. Il rudere è stato a lungo minacciato dalla presenza di folta vegetazione, che con rami e radici rischiava di provocare danni irrimediabili, vista la situazione già critica.
Nel 1975, il Faglia riuscì ad individuare addirittura alcune caratteristiche della struttura interna della torre, oggi non più distinguibili. Scrisse infatti “all’interno si legge un inizio di volta e risega di appoggio (cisterna o locale sotterraneo)”. Torre Diso come ogni torre costiera della sua tipologia presentava una cisterna al piano terra ed un vano agibile al primo piano. Fu costruita con pietre irregolari ricavate dall’ambiente circostante e molto probabilmente nei suoi quattro angoli vi erano pietre regolari e squadrate come nella vicina Torre del Sasso, nel Comune di Tricase.
Torre Diso come appariva in alcuni scatti d’epoca.
Il rudere in una foto del 2009 mostra gravi segni di peggioramento. Si nota infatti che, a differenza delle immagini precedenti, la parete lato-mare è crollata, infatti non supera più in altezza il cavo della corrente elettrica.

Dove si trova: https://goo.gl/maps/baWxZvwSQ7B58ohg7
Bibliografia:
Alemanno, E. B. (1629). Nuova, e Perfettissima Descrittione del Regno di Napoli […]. Napoli: Per Lazaro Scoriggio.
Boccadamo, V. (1994). Guida di Castro. La Città, il Territorio, il Mare e le Grotte. Galatina: Congedo Editore.
Budano, G. (2009). Cultura Salentina. Tra i Due Mari a Caccia di Torri. Sito Web.
Cosi, G. (1989). Torri Marittime di Terra d’Otranto. Galatina: Congedo Editore.
De Salve, C. (2016). Torri Costiere. La Difesa delle Coste del Salento al Tempo di Carlo V. Galatina: Editrice Salentina.
Faglia, V. & Bruno, F. (1978). Censimento delle Torri Costiere nella Provincia di Terra d’Otranto. Roma: Istituto Italiano dei Castelli.
Ferrara, C. (2009). Le Torri Costiere della Penisola Salentina. Sentinelle di Pietra a Difesa del Territorio. Castiglione: Progeca Edizioni.
Mazzella, S. (1601). Descrittione del Regno di Napoli […]. Napoli: Ad istanza di Gio. Battista Cappello.
Pispico, F. & Pispico, M. (1976). Castro, vecchio amore.
Tricarico, G. (2020). Le fortificazioni litoranee di Terra d’Otranto: una panoramica sulle torri costiere della provincia di Lecce.